Pubblicato da: Galliolus | domenica, 11 settembre 2011

11 settembre, o della certezza morale

Dove eravate quando colpirono le Torri? Io me lo ricordo bene, perché fui uno degli ultimi a saperlo.

Per un insegnante, l’11 settembre è quasi sempre giorno di riunioni e scartoffie. Quell’11 settembre non fece eccezione, ma per qualche motivo le mie riunioni cominciavano alle quattro e mezza. Erano le 14:46 italiane quando il volo AA11 colpì la Torre Nord, e con essa il futuro che immaginavamo per i nostri figli. Io ero già sul treno, il solito localaccio compagno di una vita da pendolare. Un paio d’ore da casa a scuola.

Come mia abitudine, non ebbi contatti umani durante il viaggio, né dopo. Mi avviai verso la scuola a piedi, senza fretta su per la lunga salita. Non ricordo altri particolari, se non che giunto quasi al cancello incrociai con lo sguardo una Panda azzurrina: alla guida riconobbi Piovani, un mio alunno fresco di patente che di lì a qualche giorno avrei rivisto sui banchi della quinta liceo. Anche lui mi vide, salutandomi con lo sguardo; ma pochi metri dopo inchiodò, strisciando gli pneumatici sull’asfalto, e tornò leggermente indietro con la goffa retromarcia del principiante.

— Prof… ha visto?
— Visto cosa?

Già, cosa diavolo dovevo aver visto? Il tono non era rassicurante, ma non capivo di che cosa avrei dovuto preoccuparmi. Piovani si accorse subito che avrebbe dovuto spiegarmi una cosa sesquipedale, con la testa fuori dal finestrino e voltato all’indietro. Lasciai la valigetta sul marciapiede e mi avvicinai, vagliando mentalmente una serie di possibili disgrazie.

— New York… le Torri… hanno attaccato le Torri Gemelle! Gli aerei… gli arabi! Sono stati gli arabi!

Continuava a farfugliare frasi senza senso apparente, neanche fossimo ad un’interrogazione a sorpresa. Lo ascoltavo senza capire, sempre più distratto mentre un’immagine impossibile mi si formava in testa: l’Arabia Saudita aveva dichiarato guerra agli Stati Uniti d’America. Vedevo questa portaerei con la sua bella bandiera verde, che incrociava al largo di New York; e poi le Torri circondate da un nugolo di aerei da caccia, come all’attacco di un invisibile King Kong. No, non era possibile. Se una portaerei saudita avesse attraversato l’Atlantico, qualcuno se ne sarebbe accorto un po’ prima, che diamine. Eppure, il buon Piovani non mi stava prendendo in giro, non era proprio il tipo. Ero davanti ad un testimone, uno che aveva visto qualcosa, qualcosa che c’entrava con New York e con gli arabi, qualcosa che cercava di dire con pezzi di frasi che aveva sentito alla televisione. Qualcosa che non era una buona notizia. Qualcosa che noi umani…

— Prof, vada su a vedere!

Ecco, la risposta era semplice: dovevo andare a vedere. Credere senza vedere, e poi andare a vedere. Raccolsi la mia valigetta e corsi a scuola, dove i consigli di classe erano l’ultimo dei problemi. Entrai in aula video pochi minuti prima delle 16:28, appena in tempo per vedere la Torre Nord sbriciolarsi silenziosamente. La prima ad essere colpita, l’ultima a cedere. Calcolai mentalmente quanta gente potesse esserci dentro. «Meno di cinquantamila morti e dirò che è un miracolo», pensai senza dirlo a nessuno. Dicemmo una preghiera, prima di (ri)cominciare a lavorare; lo facevamo sempre — allora insegnavo dalle suorine — ma quel pomeriggio non fu per abitudine.

WTC cross

Fu Carl Sagan a dire che affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie. Non so più chi fosse ad affermare che un testimone è credibile quando sa quello che dice e non ti vuole ingannare. Pur stimando molto Sagan, in questo caso sono molto più d’accordo con quell’altro. L’11 settembre per me sarà sempre quello che è per tutti, ma in più è anche l’anniversario di questa piccola scoperta sul metodo: ho creduto — ho fatto bene a credere — ad un testimone che non mi voleva ingannare e che non sapeva neanche tanto bene quel che diceva, anche se mi stava raccontando una cosa incredibile. Ho creduto senza vedere e sono andato a vedere: e nessuno dica che c’è contraddizione tra queste due fasi della certezza morale.

[Questo articolo si autopubblicherà alle 14:46. Io sarò impegnato in un minuto di silenzio.]


Risposte

  1. Davvero notevole questa scoperta sul metodo e sulla testimonianza. Anche le due fasi e, soprattutto, il loro ordine cronologico lo trovo importante: testimonianza – fiducia/ragionevolezza – verifica – verità/realtà.

    Quel giorno, almeno per quanto mi riguarda, vi fu troppa confusione. Fin dall’inizio, capitando tramite zapping sull’immagine della prima torre colpita e in fiamme, credevo si trattasse di un qualche film catastrofico anni ’70 che non avevo mai visto. Poi ho visto che attorno c’erano le grafiche che i telegiornali mettono in sovrimpressione e la voce fuori campo del cronista italiano e allora ho capito che era vero. Ancora non si sapeva neanche cosa fosse successo… Si parlava di incendio generico. A testimoniare che l’apparenza e la prima impressione spesso ingannano.

    Cose che se me le raccontavano non ci credevo – giusto per restare nel tema del post.

  2. io ero a gassino torinese, a casa del mio editore. avevo consegnato del lavoro di illustrazione. la tv era accesa ma col sonoro basso. ho visto quella cosa e non ci credevo.


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